giovedì 7 gennaio 2016

UN BRAVO RAGAZZO


Alla fine non ricordiamo più le facce, confondiamo i nomi. Niente resiste a dieci anni di oblio. Niente resiste, ti dici, al passare del tempo. E intanto cammini sul suo stesso marciapiede, ma in senso contrario. 
(Javier Gutiérrez, Un bravo ragazzo)


Buon pomeriggio lettori in pantofole! La befana è passata e con lei se ne sono andate anche queste feste. Ed eccoci qua, a inaugurare un nuovo anno di letture e musica con una recensione.
Un romanzo breve, Un bravo ragazzo, appena 173 pagine. Direte voi, e la musica cosa c'entra? C'entra eccome, e parliamo di quella musica anni '90 che alla sottoscritta piace tanto ^^ Ma prima, da bravi, partiamo dalla storia:




Polo è un bravo ragazzo, un posto in banca e una fidanzata, Gabi, bella da mozzare il fiato. Un bravo ragazzo, come tanti, che cammina tranquillo per i quartieri di Madrid. E poi... un cappotto, rosso, una bella ragazza con i capelli a caschetto. Rubén Polo la incrocia così, per strada, e la riconosce. Blanca, sono passati dieci anni, eppure guardarla porta di nuovo tutto alla mente. Gli anni '90, l'università, la musica, i sogni di gloria e di ribellione. Perché Blanca, Chino, Nacho e Polo, erano la miglior band di Malasaña, un EP da registrare e un futuro luminoso a portata di mano.
Dieci anni, niente resiste a dieci anni di oblio, niente resiste al passare del tempo. E allora perché Polo ricorda tutto? Perché la colpa lo accompagna? Perché l'incontro con la vecchia amica riapre una ferita mai rimarginata? E non importa che tutti si siano sistemati: Polo, Gabi, Chino e Blanca, che adesso vivono insieme, Rubén ha trascorso dieci anni nel tentativo di dimenticare, ma il passato non si cancella, il passato come un pugno allo stomaco è di nuovo qui...





IL MIO PENSIERO
Folle. Questa è la prima parola che mi viene in mente quando penso a questo romanzo. Ma non fraintendetemi il mio giudizio non è assolutamente negativo! Folle come una corsa in auto a fari spenti, come una partita alla roulette russa. Perché questo era il modo in cui Polo, Chino e Nacho affrontavano la vita nel lontano 1997. La vita come un lungometraggio, lo scorrere di immagini su uno schermo immacolato, senza fermarsi a pensare alle conseguenze, alle colpe, al rimorso. 

Ma il rimorso arriva, non bastano dieci anni a cancellarlo, non bastano dieci anni a cancellare i ricordi. E allora basta un incontro fortuito, un cappotto rosso, per dare il via a un incontenibile flusso di coscienza. 
Perché è questo in fondo Un bravo ragazzo, lo straripare di parole e frasi, una lunga confessione in seconda persona dove la punteggiatura non è in grado di arginare i pensieri, che scivolano incessanti in un groviglio di passato e presente, verità e bugie, rimorsi e disillusioni.
Un'inarrestabile discesa all'inferno di amori malati e fantasie rock n' roll, davanti alla quale il lettore si trova disarmato, travolto com'è dal ritmo narrativo serrato e "sporco" di Javier Gutiérrez.
Il tutto condito dalla musica, quel rock che ha segnato le vite dei protagonisti, nel bene e nel male. Ho trovato geniale l'idea di aprire ogni parte del romanzo con un album che di quegli anni '90 ha fatto la storia: da Tricky ai Jane's Addiction fino ai Nirvana, i cinque album che gli attori protagonisti di questo romanzo avrebbero voluto portarsi su un'isola deserta: Cinque dischi, Nacho?, va bene, di tutti i tempi o solo degli anni Novanta? [...] Che differenza fa Polo, se di tutti i tempi o degli anni Novanta? Tanto i migliori sono tutti dei Novanta, almeno per noi, no?

Un romanzo al vetriolo, spietato, obnubilante come una pasticca di Roipnol. Non c'è redenzione per i personaggi di Gutiérrez, pure non si può fare a meno di seguirli, di cadere assieme a Rubén Polo nell'abisso scuro che è il cuore di un bravo ragazzo... Quattro pantofole


Ho letto questo libro in eBook e di seguito vi posto tutti i dati della mia edizione ma è disponibile anche una ristampa economica per Beat Edizioni:

JAVIER GUTIÉRREZ

UN BRAVO RAGAZZO
titolo originale: Un buen chico; editore: Neri Pozza; pagine: 173; EAN: 9788854506152
brossura: € 15,00; eBook: € 5,99; acquistalo su: Giunti al Punto

È un pomeriggio d'inverno in una via centrale del quartiere di Fuencarral a Madrid quando Rubén Polo incontra casualmente Blanca, amica dei tempi dell'università. Dieci anni sono passati dall'ultima volta che Polo e Blanca si sono visti, da quella notte in cui un episodio di incredibile violenza e brutalità ha improvvisamente sciolto la rock band di cui entrambi facevano parte assieme agli inseparabili Nacho e Chino e ha messo fine a tutto, alla giovinezza, alla spensieratezza, alla musica. 
Quella che inizia come una normale, magari un po' imbarazzata, conversazione tra vecchi amici - Blanca e Chino ora sono una coppia, e Nacho... beh, Polo lo ha incontrato qualche mese prima ed è chiaro che non sta granché bene - si trasforma per Polo nella certezza che quell'episodio vive ancora dentro di lui, che niente può resistere a dieci anni di oblio, che non ci si può sbarazzare del passato come fosse una cicca. Il passato: gli anni Novanta e la miglior band di Malasaña, un gruppo di ragazzi uniti dall'ansia di vivere e dalla musica, i cinque dischi da portarsi su un'isola deserta, da Maxinquaye a Nevermind.
Ma il passato ha anche il suono sinistro di un farmaco, il roipnol, la droga dello stupro. E le attraenti fattezze di Blanca, che tutti chiamavano Chicana, corpo tonico, elastico, i capelli nerissimi e la pelle scura, quasi rossiccia. E di Gabi, la bellissima e biondissima Gabi dagli occhi chiari, che a quei tempi usciva con un idiota fascista ma che ora, dopo essersi ritrovati, ama e vive con Polo in un palazzo borghese con vista su plaza de Olavide.
Da tempo ormai Polo non riesce piú a fare l'amore con Gabi senza essere assalito da un'enorme infelicità, non riesce piú a toccarla senza scoppiare a piangere, senza provare la sensazione di precipitare, paralizzato dalla paura di perderla. Lo psicologo a cui prova ad aggrapparsi dice che si tratta di sintomi, tra i molti possibili, ma Polo sa che prima o poi qualcuno farà domande, e quel passato, quella parola sinistra, quella notte riemergeranno. E con essi riemergerà un'inquietante verità mai confessata, che muterà ancora una volta la vita dei protagonisti. 
Javier Gutiérrez ha scritto una storia cruda e di rara intensità che procede come un meccanismo perfetto, trascinando il lettore nelle profondità dell'animo umano. Una storia narrata attraverso l'incanto di una scrittura lucida e infallibile in cui il desiderio e l'eccesso scivolano inesorabilmente nelle oscure regioni del male.

CHI È JAVIER GUTIÉRREZ:
(Madrid 1974), laureato in Economia presso l'Universidad Complutense de Madrid, ha lavorato come economista e pubblicitario. Ora scrive a tempo pieno. È autore di Lección de vuelo (premio Ópera Prima de Nuevos Narradores 2004) e di Esto no es una pipa (premio Salvador García Aguilar 2009). È anche il vincitore del premio di narrativa breve José Saramago 2008 e finalista del premio Tiflos de relatos 2010, a cui ha partecipato con lo pseudonimo di Rubik, in omaggio al famoso creatore del cubo.


Okay, vi aspettavate i Nirvana a chiusura di questa recensione? E, invece, no! Ci andiamo ad ascoltare i Jane's Addiction di Perry Farrell e Dave Navarro e quella Three days (Ritual de lo habitual, 1990) il cui assolo è annoverato tra i cento migliori della storia del rock ^^ Qui nella versione live dal rock documentary omonimo.

3 commenti:

  1. Letto quasi due anni fa. Mi era piaciuto troppo. Folle, cattivo, ma unico nel suo genere. Wow.

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    1. È proprio vero, questo romanzo è unico nel suo genere. Non c'è luce, è più buio della notte ma mi ha risucchiata nel suo vortice dalla prima all'ultima pagina.

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  2. Folle e spietatamente lucido.
    Ti aspetti una confessione viziata dal senso di colpa, dall'angoscia e dalla difficoltà di accettarla e invece, come fosse la cronaca di un quotidiano, gli eventi sono disposti con perizia, incisività, asciuttezza.
    Libro che spiazza, amareggia, colpisce basso e non crea empatie.
    PS: ottima recensione,blog che si legge sempre con piacere, io, onestamente,OK computer me lo porterei su un'isola deserta, nevermind può restare comodamente negli scaffali :)

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